Cari ragazzi,
So per certo che in questi anni di scuola avete avuto l’occasione di sapere, e un pochino anche quella di saper fare. Ciò che spero, che non posso vedere ora ma saranno le vostre vite a dirlo, è che abbiate avuto la possibilità di coltivare il “saper essere”.
Per “saper essere” servono valori ben esplicitati. Per semplicità, e per deformazione professionale, li ho riassunti in quattro parole che iniziano con “co”: conoscenza, consapevolezza, coraggio, compassione. Dobbiamo sempre tirare fuori da noi e dagli altri almeno uno di questi quattro “co”, in modo da poterli nutrire. Così facendo, saranno essi a diventare più forti. Se ciò che facciamo non li nutre, allora stiamo buttando il nostro tempo.
In fin dei conti, la nostra vita è la differenza fra il mondo prima della nostra nascita e il mondo dopo la nostra morte. Questa differenza non è data dai soldi che accumuliamo o dalle cose che possediamo, ma da ciò che riusciamo a tirare fuori da noi stessi e dagli altri con il poco tempo che abbiamo a disposizione. La differenza, quindi, sono le relazioni che costruiamo.
Anziani e sofferenti, sul letto di morte, non desidereremo essere riusciti ad aver fatto almeno una volta qualcosa di disinteressato, coraggioso e compassionevole, che abbia lenito la sofferenza a noi intorno?
Il tempo è il fattore chiave, dunque. Deve essere riempito con una vita vera, non con l’alienazione, e nella vita vera la gratificazione non è mai immediata. Qualunque cosa facciate, quindi, invece che farla alienandovi fatela impegnandovi. Metteteci dell’impegno, e tutto il tempo che serve impegnandosi.
La compassione così portata nel mondo ci permetterà di uscire dall’”io” ed entrare nel “noi”. Non esiste alcun dualismo, in realtà: quando siamo gentili con qualcuno, tiriamo fuori qualcosa di buono tanto da noi quanto dagli altri; quando siamo violenti con qualcuno, frantumiamo noi stessi insieme a lui. Ecco allora che la relazione con gli altri diventa la chiave della nostra stessa esistenza, la differenza fra prima e dopo di noi. Dobbiamo essere una bella differenza, quindi una bella relazione.
Le quattro qualità con “co”, dunque, non sono che un mezzo per arrivare all’insegnamento più grande che sono in grado di offrirvi: siate gentili.
La gentilezza vi permette di uscire dalla logica del profitto per sè e del giudizio degli altri. Sono le logiche che hanno devastato il mondo. Bisogna invece saper comprendere, nel tentativo di aiutare le persone invece che giudicarle. La gentilezza passa da questo. La gentilezza farà vivere meglio gli altri e farà stare meglio voi, sempre perché non esiste alcun dualismo. È fondamentale.
Non avete nulla di sbagliato, non siete soli ed è impossibile non volervi bene. Non avete alibi, dunque, dovete mettere in atto questi due insegnamenti: l’impegno, che viene dal voler costruire sempre invece che illudersi di poter costruire per sempre; la gentilezza, che costruisce una sana differenza.
Non importa quanto duri possano essere i tempi, dovete nutrire l’impegno e la gentilezza nei vostri cuori sempre. Siate belli.
Vi voglio bene
(Prof) Andrea Pajetti