Gesù è venuto a stravolgere le sicurezze attraverso cui ci difendiamo,
a dirci che Dio è di più, molto di più
di ciò che pensiamo, immaginiamo o costruiamo dentro di noi.
E se non gli crediamo allora noi sì che restiamo con un pugno di mosche in mano, a vederle volar via, fastidiose e insistenti con il loro ronzio.
E, «girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui»,
come a voler cercare gli occhi di ciascuno,
come a voler leggere dentro ognuno di loro la disponibilità ad accoglierlo,
Gesù scrive il suo stato di famiglia:
mi appartiene chi è disposto a correre il rischio di passare come chi sceglie la “spazzatura” e gli scarti del mondo,
di essere preso per un pazzo scatenato,
di essere un incontenibile ed ingenuo folle.
Ha il mio stesso sangue, insomma, chi si lascia contagiare da un Dio innamorato pazzo.