Elia è solo nel deserto, ed è tanto disperato da desiderare la morte, sente che forse la sua vita non ha alcun valore, gli sembra che perfino la fede nel suo Dio non valga più niente.
E si addormenta esausto il nostro Elia, con il cuore buio di nubi di sconfitta, oppresso dal senso di fallimento.
Proviamo a entrare in lui, a chiudere gli occhi con lui in una delle nostre notti buie, una di quelle notti in cui tutto ci sembra irrimediabilmente perduto, in cui speriamo solo di non risvegliarci più dall’incubo della nostra vita.
Il nostro ultimo pensiero, prima di dormire, è stato una specie di preghiera, un’implorazione verso un Dio che sembra svanito, lontano, assente.
E una mano ci tocca la spalla, leggera come una carezza: «Troppo lungo per te il cammino, troppo dolore, troppo deserto ti asciuga l’anima.
Mangia un po’, bevi un po’».
Non risolve i nostri problemi Dio, non agita la bacchetta magica per dissolvere i pesanti nuvoloni che si sono addensati: Lui ci dà un po’ di pane, Lui ci dà un po’ di forza, quel tanto che basta a proseguire il cammino, passo dopo passo.